È originario del Giappone ed à le stesse proprietà dell'altro. I semi mediante pressione danno un olio fitto molto odoroso, e colla distillazione somministrano una preziosissima essenza, nota sotto il nome di essenza di Badiana simile nei caratteri chimici e negli effetti terapeutici alle essenze più attive dalle ombrellifere nostrali. Infusi nell'acqua e fermentati se ne ottiene un liquore spiritoso, usato dagli Olandesi nella confezione di vari liquori. Sotto il medesimo nome fu conosciuto dai Greci e dai Latini. Pittagora lo pone fra i migliori condimenti tanto crudo che cotto. Emundat visum stomacumque confortat anisum, fa bello il viso e conforta lo stomaco, dice la Scuola Salernitana. Avicenna dice che corregge il cattivo alito: Orishalitum jucundiorem facit. Dioscoride osserva che i Sirii condivano coll'anice le zucche cotte nell'aceto, il che gli sembra bona cosa - quam rationem apparandi non incommodam puto. Nel 1560 le damine francesi che si dilettavano nell'arte pistoria combinavano certo pane col seme dell'anice che chiamavano Biscottum, dal quale i biscotti, i biscottini, le dame ed i cavalieri del Biscottino. Se non che, pare che il biscottinismo avesse un'origine più antica, perchè fino dai tempi di Pittagora i semi d'anice si mettevano sulla crosta del pane. Ciò non ostante alla nostra Suora Latina dobbiamo il merito della sua ristorazione.
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più attive dalle ombrellifere nostrali. Infusi nell'acqua e fermentati se ne ottiene un liquore spiritoso, usato dagli Olandesi nella confezione di
Pianta oleacera nota e gradita. Vuole esposizione di mezzodì. È spontanea nei terreni sabbiosi d'Europa. Tre varietà principali — il bianco precoce e molto produttivo, verde all'estremità, che è quello d'Olanda e del Belgio — il violetto , più grosso di colore violetto o rossiccio all'estremità, che è quello di Ulma, Polonia-Darmstadt — e il verde meno grosso del precedente, ma più saporito, verde e tenero in tutta la sua lunghezza che è quello di Piemonte (celebri quelli di Cilavegna). L'asparago di Praga è il medesimo. Si moltiplica per mezzo delle radici, dette occhi, ma egualmente e forse meglio si anno asparagiaje colla semina. Durano le radici dai 20 ai 30 anni e più. Se ne mangiano i talli in primavera. Gli asparagi costituiscono una verdura saporitissima, di facile digestione, gradevole, ma poco nutritiva. Servono a moltissimi usi in cucina. Si fanno cocere senz'acqua in tegame di terra o tortiera, chiusi a foco lento ove cocendo col proprio vapore, sono più saporiti, devono essere poco cotti altrimenti perdono del loro sapore. Si condiscono con burro od olio. Si mangiano in insalata con olio, pepe e limone. Si friggono col pesce infarinati, s'accompagnano alle ova, al riso, agli stufati, nei ragouts e nei potaggi(1). Per spedizione o conservazione, incartarli uno ad uno, durano persino 15 giorni. La parte bianca del tallo non mangiabile può servire a fabbricare carta grossolana. Anche presso gli antichi l'asparago fu sempre tenuto in grande onore. Ne parlano tutti gli scrittori da Galeno a Catone, da Columella a Plinio. In Italia erano rinomatissimi quelli di Ravenna, onde Marziale :
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meglio si anno asparagiaje colla semina. Durano le radici dai 20 ai 30 anni e più. Se ne mangiano i talli in primavera. Gli asparagi costituiscono
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghi dodici piedi. E Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api. Pare che anche il cuoco di Giulio Cesare glieli apprestasse non molto stracotti, perch'egli ad esprimere la velocità d'alcun che soleva dire: citius quam asparagi coquantur. Mille sono le virtù ed i vizi che i medici assegnano agli asparagi. Sono diuretici in sommo grado, giovano nell'idrope, nelle affezioni cardiache, sono calmanti nell'orgasmo nervoso, nei dolori dei tisici, nell'insonnia, giovano contro il catarro polmonare, nella paralisi della vescica e perfino a detta del medico ateniese Chairetes contro l'idrofobia. All'incontro non sono convenienti agli isterici, agli ipocondriaci, ma sopratutto a quelli che patiscono la gotta. Albert suggerisce che mettendo la sera nel pot de chambre un paio di goccie d'aceto, colui che il giorno prima s'è fatto una scorpacciata d'asparagi si desta al mattino in un'atmosfera embaumè di violette. Altri invece assevera, che tale effetto si ottenga con un po' di essenza di trementina invece dell'aceto.
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Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api
Radice biennale indigena carnosa, tonda, zuccherina, originaria dalle coste Europee dell'Atlantico e del Mediterrraneo. Principali varietà: La campestre, rossa all'esterno, screziata di bianco e roseo all'interno, e la gialla oblunga e rotonda che servono specialmente per il bestiame. Le mangiereccie sono: la Bianca di Slesia bianca all'interno ed all'esterno detta Beta Cycla (in Fr. Navet) che è quella che contiene maggior quantità di zuccaro, e la Rossa preferita per gli usi domestici ed è la più nutritiva, ma è pur quella che ingrossa meno. La Barbabietola contiene il 88% di acqua. Si spargono i semi in Febbraio e Marzo, in terreno fresco, profondo, pingue. Si colgono i frutti in Agosto - Si mangia cotta, (meglio al forno) condita in insalata: è alquanto indigesta. Dalla Barbabietola Cycla, quando è novellina se ne levano le foglie dette da noi erbette che si mangiano bollite, e servono nella minestra e a marinare le zuppe. I suoi nervi quando è invecchiata diconsi da noi cost (in Fr. còtes de poirèes), e si mangiano concie con burro, sale e cacio, richiedono molto condimento e le foglie (Bied) vengono pure usate nelle zuppe e negli erbolati (scarpazza) e nelle medicazioni vescicatorie. La Barbabietola attualmente è coltivata in grande onde cavarne zuccaro. Troviamo nominata la barbabietola da antichissimi autori, ma con poca lode. Erano celebrate quelle di Ascrea, che era un paesucolo sterile della Beozia e forse non avevano che quelle. Marziale diceva che questo cibo da fabbro bisognava condirlo di vino e di pepe:
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insalata: è alquanto indigesta. Dalla Barbabietola Cycla, quando è novellina se ne levano le foglie dette da noi erbette che si mangiano bollite, e
Arboscello odoroso annuale, originario dalle Indie Orientali e dalla Persia. Ve ne sono 22 varietà. Tra queste il Grandiflorum (dall'Africa), che è perenne, e il Minimum annuale dell'Isola di Ceylan. Generalmente si coltiva la specie Ocymum. La Minimum però è la più graziosa. Nel linguaggio dei fiori: Odio. Si semina in Aprile e Maggio in buona terra, esposizione meridiana. Tanto i fiori che le foglie servono per condimento, per confettura e anche per profumo. È molto usato nella Cucina Genovese. In Persia se ne usa per aromatizzare le bibite. Crisippo lo reputava non solo inutile, ma eccitante l'insania, e come era disprezzato dalle capre, doveva fuggirsi dagli uomini e così predicò Galeno, ma i popoli della Mauritania lo avevano per un' esilarante. Il Basilico selvatico detto Brunella, (Brunella vulgaris officinalis) è vantato nelle malattie degli organi respiratori e nella diarrea. Messe le foglie nell'insalata si voleva guarisse le emorroidi. Dal Basilico se ne cava un'olio essenziale. I Genovesi lo conservano nell'olio in vasi o alberelli ben chiusi. E fanno così: pigliano il basilico fresco lo lavano per pulirlo dalla terra, l'asciugano con una salvietta, vi distaccano le foglie, gettano via i gambi e lo pongono in un alberello che si riempie d'olio e si chiude ermeticamente. Così conservato mantiene tutte le sue qualità aromatiche, nè si distingue da quello fresco.
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anche per profumo. È molto usato nella Cucina Genovese. In Persia se ne usa per aromatizzare le bibite. Crisippo lo reputava non solo inutile, ma
In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine, si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. In Francia è usata nelle malattie flogistiche, nella nefrite, ecc. Se ne fa succo, decotto ed infuso, duello dei fiori è alquanto aromatico. Colà pure, dalla fermentazione del sugo se ne ottiene un liquido vinoso, di sapore gradevole, di colore bruno chiaro.
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In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine, si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. In
La Borragine da Borra per la ruvida pelosità di tutta la pianta. È una pianticella graziosa, indigena, annuale che dall'Aprile a Settembre dà fiori di un bell'azzurro. Nel linguaggio dei fiori: Burbanza, Energia. Ve ne à 16 varietà. Le foglie si mangiano in minestra, nelle zuppe, maritate coll'ovo. I ramoscelli più teneri impastati e fritti, regalati di zuccaro sono un ornamento presto, comodo e gustoso per l'arrosto sì di grasso che di magro, i fiori in frittata e coll'insalata. Secondo Raspail possono dare anche una bevanda sana quanto il the. « Se il ricco, dice esso, conoscesse la saporosa fragranza di quest'erba, io credo, che per il gusto, egli preferirebbe questa infusione delle foglie di borragine, unite a qualche foglia d'arancio, al the, che costosamente si fa venire dalla China. »
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fiori in frittata e coll'insalata. Secondo Raspail possono dare anche una bevanda sana quanto il the. « Se il ricco, dice esso, conoscesse la
Il Broccolo è della famiglia numerosa dei cavoli. Si seminano da Aprile fino a Giugno in luna vecchia. Vuole terreno lavorato e concimato, si trapianta ingrassato nuovamente in Settembre ed Ottobre. Bisogna guardarlo dal gelo. È cibo molto saporito, ma per taluni molto indigesto. Si mangia cotto in insalata o al burro, oppure con salsa au gratin con cacio parmigiano. E companatico del tempo quaresimale. Varietà, il Cavol-fiore (botrytis) e il Cavol-rapa (gongyloides). Del broccolo e del cavol-fiore se ne mangia il fiore ancora immaturo, e del cavol-rapa se ne mangia la radice. I migliori vengono in Romagna, Sicilia e Malta, da noi celebri quelli di Tremezzina sul Iago di Como. Dei broccoli in particolare la storia non ci tramanda nulla, e tutti li confondono coi cavoli. Ecco due maniere di mangiare i broccoli o cavoli-fiori. 1.° In salsa bianca. Fate cuocere i broccoli nell'acqua salata con un pizzico di farina, e lasciateli poi sgocciolare; disponeteli ancor caldi su d'un piatto e versatevi sopra la salsa seguente : — Fate fondere in una casseruola tanto come un uovo di burro con sale e pepe aggiungendovi un cucchiaio di farina, e poco per volta, rimestando sempre, un bicchiere d'acqua bollente. Cotta la farina, ritirate la salsa dal fuoco e legatela con un tuorlo d'uovo sbattuto prima con un filo di aceto oppure con una noce di burro senza più rimettere la salsa al fuoco. — 2.° In insalata. Bolliti nell'acqua salata e sgocciolati i broccoli e asciugati con una salvietta, disponeteli in un'insalattiera. Preparata a parte la salsa di olio, aceto, capperi, due o tre acciughe e prezzemolo triti, versatela sui broccoli. — Da noi corre questo detto :
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Cavol-rapa (gongyloides). Del broccolo e del cavol-fiore se ne mangia il fiore ancora immaturo, e del cavol-rapa se ne mangia la radice. I migliori
Il Cardone da Cardo punta, pianta provvista di aculei è un caule biennale indigeno nostro e della Francia meridionale. Nel linguaggio dei fiori — Austerità — dieci varietà. Fa una pannocchia spinosa, non mangiabile, le cui punte rigide alquanto ricurvate servivano a cardare e garzare le saie e i panni onde la parola scardassare. Ama terreno sciolto, grasso, profondo, si semina in marzo aprile e maggio in luna vecchia, assai raro, si sarchia, s'irriga se c'è l'asciutta. Si taglia in novembre e si riseppellisce nel terreno, perchè diventi bianco e tenero e si salvi dal gelo. Del cardo si cibano le coste delle foglie, in inverno. È delicatissimo cotto al burro con cacio parmigiano, se tenero anche crudo con olio sale e pepe od in insalata. Dà alimento leggero e poco nutriente. Avvene parecchie varietà, le più pregiate sono quelle del cardo bianco, o cardo di Milano e quella di Spagna senza spine. Anticamente era un prodotto della sola Sicilia. Oribasio nel lib. 3 al Capo: Della Bontà et malitia dei cibi, dice che chi cerca viver lungamente sano deve fuggire l'uso dei cardi. Alcuni frati adoperavano i fusti colle foglie dei cardi per flagellarsi.
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'irriga se c'è l'asciutta. Si taglia in novembre e si riseppellisce nel terreno, perchè diventi bianco e tenero e si salvi dal gelo. Del cardo si cibano
Il suo nome dal greco Daucus che vuol dire bruciare, perchè i semi della carota si ritenevano molto riscaldanti. Vuolsi originaria dalle sponde del Mar Rosso. È una radice indigena annuale succosa, carnosa. Oltre la selvatica, abbiamo la varietà bianca, rossa, violacea e gialla. Da noi specialmente si coltiva la rossa e la gialla, ma la più stimata di tutte è la bianca o moscatella, che sembra essere lo Staphylinos di Galeno e di Dioscoride. Vuole terreno grasso e lavorato. Si semina alla fine di Marzo. In Ottobre e Novembre si raccolgono le radici e si custodiscono entro la sabbia per gli usi domestici, oppure si lasciano nel terreno, purché ben esposto e difeso dal gelo. Nella seguente primavera si ottiene la semente. In Inghilterra e sul napoletano si coltiva in grande anche per foraggio ai cavalli. La carota è una verdura ricca di amido e di zuccaro, che dà un cibo sano ed aromatico, che ingrassa. Si fa cuocere colle carni per dar loro sapore, si mescola in molti intingoli, allegra la busecca milanese, serve di letto alle salsiccie, è la sorella direi quasi la gemella del Sedano: dove va l'uno va quasi sempre anche l'altra. Si fa cuocere in acqua e brodo, tagliata a fettuccie si condisce col burro ed è eccellente piatto di verdura, si mangia in insalata. Colla sua polpa se ne fanno purèe e torte, entra in molte salse. Le foglie verdi servono ad allontanare le cimici mettendole nel pagliericcio o strofinando con esse le lettiere. La carota infusa nell'alcool dà un liquore nominato Olio di Venere. Se ne può cavare un'acquavite migliore di quella dei cereali. I suoi semi sono aromatici e lievemente stimolanti. In Inghilterra se ne fa un grato infuso teiforme. Nel Nord della Germania sono usati nella fabbricazione della birra, le danno maggior grazia e forza. Gli Arabi l'adoperano per fare buon alito e ritengono che il loro aroma rafforzi le gengive. Plinio e Dioscoride dicono che la carota mette appetito. Fin dall'antichità si dava ai convalescenti. Areteo lo consigliava nell'elefantiasi. Più tardi ne usarono i medici contro il cancro e le ulceri, nell'asma, nella bronchite, fino nella tisi. È rimedio volgare nelle scottature. Esternamente, la polpa si usa raschiata cruda-internamente, il roob, lo sciroppo. In Turchia se ne preparano col suo succo biscotti e pane in polvere per i bambini.
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si condisce col burro ed è eccellente piatto di verdura, si mangia in insalata. Colla sua polpa se ne fanno purèe e torte, entra in molte salse. Le
Torta di Carote. — Mantegazza dice che se ne può fare un'ottima torta facendo cuocere le carote in acqua salata, passandole allo staccio, asciugandole alquanto in una casseruola e aggiungendo poi fecola, fior d'arancio confettato, zuccaro, ova, (più tuorlo che albume) e burro. Fate cuocere in forma e servite allo zabajone.
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Torta di Carote. — Mantegazza dice che se ne può fare un'ottima torta facendo cuocere le carote in acqua salata, passandole allo staccio
Il suo nome da Bresic, cavolo. È la pianta erbacea, annuale indigena che tutti conoscono. Vuole terreno lavorato, esposto, teme più il caldo che il freddo. Ve ne sono tante varietà, di precoci e di tardive. Le precoci si seminano in Febbraio e Marzo per averle nella state, le tardive in Aprile e Maggio si trapiantano in Agosto, si raccolgono in Autunno e nel verno ; a salvare i cavoli dal bruco (gattine) circondarli da strisce di fusti di canapa. La varietà del Gambus, (forse dal francese Choux Cabus) Brassica oleacera capitata è meno saporita. Anche del Gambus molte varietà. È distinto quello detto Cavolo Cappuccio di Schweinfurth a testa enorme, a fusto cortissimo - merita d'essere introdotto da noi per la sua straordinaria grossezza, precocità e certa squisitezza. Non è a metter da parte quello di Bruxelles a getti e a mille teste, che à fusto elevato intorno al quale sporgono tante verzette, ricercate per delicatezza di gusto in minestra, o per guarnizione(1). Il cavolo si mangia in cento maniere - nelle minestre - nelle zuppe - in insalata - si mette negli intingoli - serve ad accompagnare i salsicciotti - a far polpette - si condidisce come gli spinacci all'olio, al burro - se ne fà la così detta verzata. Il cavolo è più saporito quando à sentito i primi freddi. Non si deve tagliare col coltello, ma strappare le foglie colle mani, perchè il ferro gli toglie sapore e comunica cattive qualità. Troppo cotto è indigesto e flattulento. Ama molto il burro e specialmente il lardo, va d'accordo colla carne d'animale. Da solo il cavolo vale niente - onde proverbio: El var un càvol, una sverza, per dire che val nulla. I cavoli crudi servono alla preparazione di quelli erbacei fermentati che si conservano e si mangiano chiamati Sauer-Kraut (erba acida) cibo prediletto dei Tedeschi se del quale Marziale :
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- se ne fà la così detta verzata. Il cavolo è più saporito quando à sentito i primi freddi. Non si deve tagliare col coltello, ma strappare le foglie
Il suo nome che viene dal greco, significa Forza. Pianticella annuale, indigena, della Spagna e dell'Italia. Si semina in Aprile e Maggio in bona esposizione, fiorisce dal Giugno al Luglio, si raccoglie alla fine d'Agosto. Da noi scarsamente si coltiva perchè cibo piuttosto difficile a digerirsi. E comune invece nella Siria, nell'Egitto ed in altre regioni orientali. Ve ne sono due varietà, la bianca e la oscura, migliore quest'ultima. È coltivato pure in Spagna dove entra come primario ingrediente nella loro olla potrida e lo chiamano garavança. Sono i ceci fra i legumi più difficili a cocersi, e però si devono mettere in bagno d'aqua la sera prima e farli cocere molto, con acqua piovana, e se con quella di pozzo, mettervi della cenere, saranno più teneri e cuoceranno più presto. Da noi si mangia tradizionalmente colla carne porcina il dì dei morti, costumanza che risale agli antichi Romani, in memoria del ratto delle Sabine. Nel genovesato colla farina di cece mescolata ad olio sale ed acqua se ne fà tortellacci, ed un' altra pasta, detta panizze, che si frigge o si mette in stufato(1). Galeno ne parla come di cibo rusticano. I Mauritani ne andavano ghiottissimi. Dioscoride assicura, che il cece dà bel colore alla faccia. Gli antichi ponevano questo legume a segno d'incorruttibilità. I Persiani ne usano anche oggi come rinfrescativo. Vogliono che contenga molto acido ossalico e sia eccellente contro i calcoli, una volta almeno aveva tale virtù con quella di rafforzare la voce. Tra i varj legumi che si usano per adulterare il caffè, il cece è forse quello che meglio degli altri gli si avvicina, per cui in Francia lo chiamano café français, il quale caffè, invece da noi, si chiama semplicemente brœud de scisger. Cicerone fu così chiamato da cicer perchè aveva in cima al naso un bellissimo cece. Nei Vespri Siciliani, coloro che non sapevano pronunciar ceci — si uccidevano — era il riconoscimento di un francese — che rispondeva: sesì.
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cocersi, e però si devono mettere in bagno d'aqua la sera prima e farli cocere molto, con acqua piovana, e se con quella di pozzo, mettervi della cenere
Nel linguaggio dei fiori: temperanza. Il suo nome forse dall'arabo chikouryk. Pianta erbacea, originaria dell'Europa, Barberia e Indie Orientali. Si semina da Febbraio a Settembre. Vuole terreno soleggiato e ricco. Ve ne ànno due specie — a foglie lunghe amarognola, e la cicoria scariola a garzuolo o grumolo (scirœu) a foglie quasi tonde di sapore leggermente amaro. Si educano pure nelle cantine per averne foglie più bianche, o rosse e più tenere. La selvatica, detta da noi zuccoria selvadega è la leutodon (dal greco leon, leone, e odùs, dente). — In fr. Pissenlit; ted. Lövenzahau; ing. Deudelion — cresce nei luoghi umidi sabbiosi e viene adoperata al principio della primavera come insalata, è amarissima. Della cicoria si mangiano tanto le foglie che la radice; è più digeribile quanto più tenera. Da noi si ciba cruda, ma in Francia si fanno molti piatti caldi. Si può metterla nelle zuppe e minestre e usarla generalmente quando è scottata nell'acqua bollente come gli spinacci. La cicoria fu detta dai latini ambuleja, dagli egizi cicorium, e dai greci hedynois. I Magi, popolo del Caucaso, per la grande sua utilità la chiamarono chreston e pancration. Galeno l'odiava, e Virgilio la trovava molto amara. ¬– Et amaris intyba fibris, (Georg.). – Fino dalla più remota antichità venne considerata come un rimedio depurativo e tonico. A scopo medicinale è da preferirsi la selvatica(1). Per i bambini se ne prepara ancora uno sciroppo disostruente. Nell'Olanda, nella Fiandra e in alcuni dipartimenti francesi viene coltivata in grande, onde colle radici torrefatte, fabbricarne quella porcheria che si chiama caffè di cicoria, che à invaso tutto il mondo. Chevallier dice, che la sola Francia ne consuma annualmente sei milioni di chili. Le prime fabbriche di caffè di cicoria furono fondate in Olanda nel 1772. Anche questo viene falsificato con fondi di caffè, con terra, fave torrefatte, ecc. Dalla pianta della cicoria se ne cava una tintura gialla. Uno scrittore francese del 600 ci tramanda che le signore nobili ne bevevano il decotto onde diventar belle e di colore allegro.
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scopo medicinale è da preferirsi la selvatica(1). Per i bambini se ne prepara ancora uno sciroppo disostruente. Nell'Olanda, nella Fiandra e in alcuni
Così la scuola Salernitana. Ammaccata e ridotta in pasta fu usata contro la sordità, la tigna, le erpeti, nelle scottature, e punture delle vespe, se ne fece pomata per i calvi :
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Così la scuola Salernitana. Ammaccata e ridotta in pasta fu usata contro la sordità, la tigna, le erpeti, nelle scottature, e punture delle vespe, se
Il Crescione è erba indigena dell'Europa, che fiorisce da Maggio a Luglio (fiorellini bianchi) in luoghi per lo più umidi, lungo i ruscelli, i fiumi, le roccie. Ama l'esposizione del nord e si risemina da sè. Nel linguaggio dei fiori: Piangere. Fornisce una saporita e sana insalata ; per alcuni è però indigesta ; meglio mescolarla alla circoria. La si coce anche per zuppa e minestra, ma cotta perde molto della sua virtù. I rami fioriti, principalmente le foglie anno sapore acre amarognolo che rammenta il ramolaccio, e sfregate mandano un odore forte penetrante. È eminentemente antiscorbutica, e giova nelle affezioni asmatiche o catarrose, nel reumatismo cronico-erratico. In Francia serve di guarnizione all'arrosto. Se ne fanno conserve, elisiri, ecc. In Romagna si chiama canei.
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, e giova nelle affezioni asmatiche o catarrose, nel reumatismo cronico-erratico. In Francia serve di guarnizione all'arrosto. Se ne fanno conserve
Erba perenne originaria dalla Giudea e dall'Egitto, vuole terra buona, esposizione solare. In estate dà fiori gialli. Nel linguaggio dei fiori: Mi rallegri. Se ne ànno 4 varietà. Si propaga in primavera separandone le radici. Le foglie di quest'erba si mettono nelle frittate e le rende più digeribili e gustose, si mescolano ad altre verdure e si fanno cocere. Coltivasi nei giardini. In Egitto è usata come tonico, à virtù vermifuga. Dioscoride, Teofrasto e Plinio ne fanno menzione.
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rallegri. Se ne ànno 4 varietà. Si propaga in primavera separandone le radici. Le foglie di quest'erba si mettono nelle frittate e le rende più
Phaseolus dal greco Phaselos, navicella alla cui forma s'avvicina il fagiolo. Pianticella annuale fecondissima e originaria dalle Indie Orientali, che dà il legume indigeno del fagiolo. Prospera nei terreni freschi e sostanziosi, ma viene quasi dovunque. Teme il freddo e perciò si semina tardi in Aprile, e, nei terreni forti, anche in Maggio. Sono tre le varietà principali: l'arrampicante, il nano, ed il fagiolo dell'occhio. La varietà di Spagna (Phaseolus multiflorus) arrampicante, a grossissimi frutti violetti o bianchi saporitissimi, si può seminare da metà Luglio a metà Agosto, produce fino ai primi geli. Fra i nani, avvi il primaticcio (Phaseolus nanus), eccellente. Pregiato e saporito è anche il tondo (Phaseolus sphaericus), detto da noi borlott. La prima brina uccide il fagiolo. Dei fagioli si mangiano i semi freschi e secchi, e l'involucro loro quando sono immaturi che sono i cornetti. Questo legume nutriente fornisce grande tributo alla cucina, ma è più o meno flattulento a seconda della qualità, quantità e degli stomachi. Vuol essere ben cotto, e cocetelo in acqua piovana o mettetevi della cenere. I migliori sono i verdi e teneri. Colla farina del fagiolo, si tentò farne del pane, mescolandola a quella di frumento , ma riesce pesante, compatto, indigesto. Cotto il fagiolo, passato allo staccio e liberato dalla buccia è digeribile assai, perchè è la buccia la parte indigesta. Il fagiolo accompagna il riso, e fa l'allegria del minestrone, è d'ornamento gratissimo alle salsiccie, ai piatti d'umido, se ne fa eccellenti flan, punto indigesti. L'insalata di fagioli è per gli stomachi robustissimi. I cornetti si mangiano cotti con burro, panna, e insalata. Si mettono in aceto come i citrioli.
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alle salsiccie, ai piatti d'umido, se ne fa eccellenti flan, punto indigesti. L'insalata di fagioli è per gli stomachi robustissimi. I cornetti si
Fagioli saltati. — Se i fagioli sono verdi gettateli nell'aqua che bolle. A metà cottura aggiungetevi del sale e un piccolo pezzo di burro. Toltili dall'acqua e lasciatili sgocciolare, metteteli caldi ancora in una casseruola con burro misto a prezzemolo trito, sale, pepe e un po' di sugo di limone. Fateli saltare e serviteli su d'un piatto caldo. Se i fagioli fossero secchi converrebbe farli bollire nell'aqua per più lungo tempo, gettandoli in essa quando è ancor fredda. La stessa regola vale per i fagioli da mettersi nella minestra. In tal caso l'aqua nella quale bollirono deve essere buttata via, perchè essa aqua più che i fagioli cagiona indigestione e flattulenze.
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Fagioli saltati. — Se i fagioli sono verdi gettateli nell'aqua che bolle. A metà cottura aggiungetevi del sale e un piccolo pezzo di burro. Toltili
Il paese originario del frumento, non si conosce, perchè non si è mai trovato allo stato selvaggio. Vi sono molte specie e varietà di frumento a seconda dei paesi, del clima e delle annate. Il frumento è il cereale più nobile, prezioso ed utile. È il principale cibo dell'uomo e piace a tutti gli animali. La farina del grano del frumento (vedi Farina), serve a fare il pane, le paste da minestra e da credenza, si mescola a mille manicaretti. Se ne fà colla, amido , cipria. Dal grano del frumento se ne cava birra, aquavita, spirito. La paglia serve per foraggio alle bestie e per mille ingegnose manifatture. Da Adamo in poi fu conosciuto da tutto il genere umano. Era dagli antichi consacrato a Cerere, da qui la parola cereale. I più grandi mercati del frumento in Europa sono nella Crimea, nell'Ungheria, nell'Olanda e ad Amburgo in Germania. Nel linguaggio, dei fiori frumento dice: Opulenza.
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animali. La farina del grano del frumento (vedi Farina), serve a fare il pane, le paste da minestra e da credenza, si mescola a mille manicaretti. Se ne
Il Frumentone, od anche Melicotto è annuale, originario dall'America, introdotto in Italia verso il 1560. Il grano del Frumentone macinato dà una farina gialla. Nel linguaggio dei fiori significa Abbondanza. Se ne fa pane e polenta che forma la base del nutrimento dei nostri contadini e di quelli di Spagna e di alcune provincie di Francia. Mescolata la farina del melicotto a quella di frumento dà il pane così detto di mistura, che è sano e saporito. Gli Indiani ne mangiano i granelli ancor verdi, e ne traggono un liquore, somigliante alla birra, che li ubbriaca. Il grano bollito nell'acqua è cibo dei negri dell'America che lavorano le miniere. Le pannocchie, quando sono ancor verdi e tenere si spaccano in due e si fanno friggere con pastina alla maniera dei carciofi primaticci, si pongono in composta come i citrioli. Questa farina entra in molte pasticcerie e vivande. La polenta si prepara in mille modi. È il secondo nido degli uccelli; il loro cataletto. Il frumentone nutrisce la polleria domestica. In Brianza le barbe recenti delle pannocchie, in decotto è rimedio diuretico volgare. Dal gambo se ne cava zuccaro.
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farina gialla. Nel linguaggio dei fiori significa Abbondanza. Se ne fa pane e polenta che forma la base del nutrimento dei nostri contadini e di quelli
Polenta in Frittura. — Preparate una polenta di farina gialla fatta nel latte con sale. Fredda che sia dividetela con un filo in fette della grossezza di un dito, e, coll'orlo di un bicchiere, fatene tante rotelle, che bagnate nell'uovo sbattuto e avvolte nel pane gratucciato friggerete nel burro. Si può aggiungere alla polenta, se piace, canella, zuccaro, formaggio e burro. Per avere i frittelli alla lodigiana basta frapporre fra una rotella e l'altra di polenta una fetta sottile di formaggio detto battelmatt, giovane, avvolgere tre rotelle unite nell'uova e pane come sopra, e farle friggere.
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. Si può aggiungere alla polenta, se piace, canella, zuccaro, formaggio e burro. Per avere i frittelli alla lodigiana basta frapporre fra una rotella e
La Lattuga prende il nome dal succo lattiginoso che contiene. È pianta erbacea annuale, di patria ignota, la più insipida delle insalate, sese ne eccettui il lattughin detta anche insalatina, da noi, forse perchè essendo assai tenera e primaticcia si mangia volentieri. Ve ne sono 3 varietà. Da noi se ne coltivano due, la comune e la romana. Vuol terra leggera ben lavorata e grassa e frequenti irrigazioni. Si semina da Marzo a Settembre, e la si preserva dai freddi coprendola. S'imbianca come l' endivia. Il suo seme migliore è quello di due anni. Nel linguaggio dei fiori: sonno. Fu sempre conosciuta la sua azione soporifera. Galeno ne mangiava tutte le sere per procurarsi il sonno. Dioscoride e Celso l'avevano come un succedaneo dell'oppio ed è forse per questa sua proprietà d'addormentare che venne chiamata Erba dei Filosofi. Era opinione che la lattuga accrescesse il latte alle nutrici, e ciò si crede anche oggi. Pitagora la chiamò Eunachion. La lattuga fù dai romani consacrata a Venere e pochi di loro per rispetto alla Dea ne mangiavano. Era tradizione che Venere dormisse al fresco nella lattuga. Adone ucciso da un cinghiale venne sepellito sotto la lattuga. Marziale scrive che la si mangiava dopo cena, per dissipare i vapori del vino. Svetonio ci tramanda che Augusto decretò una statua al suo medico Antonio Musa perchè costui colla lattuga lo guarì dalla ipocondriasi. In ogni tempo fu creduta verdura refrigerante e debilitante. La lattuga a poco a poco era caduta in dimenticanza tale che non era neppure più coltivata verso la fine del 1600. Alcuni medici vollero emulare il Musa di Augusto. E Lanzoni la vantò contro l'ipocondria, Breteuil nelle convulsioni, Gouan nella nefrite e nell'iterizia, Schelinger nell'angina di petto, Brassavola nell'idropisia, Hudellet nelle febbri intermittenti, terzane, quartane, ecc.; insomma una specie di manna. Oggi si mangia in insalata e si mette nelle zuppe e negli intingoli diversi. Si crede che non lavata, la lattuga sia più saporita.
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La Lattuga prende il nome dal succo lattiginoso che contiene. È pianta erbacea annuale, di patria ignota, la più insipida delle insalate, sese ne
Plinio dice al lib. 25 cap. 2: « Hyssopum in oleo contritum phthyriasi resistit et prurigini in capite. » Non traduco la sentenza di Plinio per rispetto alle gentili lettrici. Anche oggi in Persia viene usato l'infuso come cosmetico. Ne parlò Salomone (Regum,3). I Giudei ricinsero d'isopo la spugna colla quale abbeverarono d'aceto il Redentore. L'isopo è di rito nelle benedizioni di chiese e camposanti. Non è ben certo che il nostro isopo sia quello ricordato dal re Davide: Asperges me hyssopo et mundabor. Si vuole che quell'isopo sia una pianta affatto scomparsa e non dei nostri paesi. Un canonico di Como stampò un volume per simile vertenza. Ma se il nostro non è il medesimo, è per lo meno un suo prossimo parente, perchè ne à le stesse proprietà. La massaja lo taglia in autunno lo fà seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo aroma giusta il detto della salernitana colorisce graziosamente la faccia e dà buon umore.
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canonico di Como stampò un volume per simile vertenza. Ma se il nostro non è il medesimo, è per lo meno un suo prossimo parente, perchè ne à le stesse
Pianticella annuale originaria della Mesopotamia che dà il noto legume coltivato molto in Francia e nel Vallese. Vuol terreno sciolto, asciutto, non molto grasso. Si semina in primavera e si colgono i frutti appena maturi perchè non cadano. Due varietà principali: la gialla e la rossiccia, questa più saporita. Si conservano per l'inverno in luogo asciutto e prima di usarne, si lasciano macerare in acqua onde si gonfino e diventino tenere. Se ne fa farina ed è molto leggera e buona pei malati. Le lenti si mangiano in minestra, come i fagioli, si mettono cotte negli umidi, accompagnano i salami cotti principalmente quello di fegato, la mortadella. Se ne fa purèe e flan di sapore delizioso. Al tempo antico dovevano essere molto più saporite d'adesso. Esaù le rese celebri cedendo per un piatto di esse la sua primo- genitura. Sono di un uso molto antico e generale. Ovidio dà la palma a quelle di Pelusio in Egitto. Ateneo da il menu d'una cena con queste parole: « mangiammo un piatto di lenti, poi ne venne un altro, poi ce ne servirono di nuovo ben condite in aceto. » Allora si servivano le lenti come oggi si fà della patata in Svizzera. Difilo comico, fà dire ad un suo personaggio: « la tavola era pulitamente disposta, noi avevamo ciascuno un piatto ben colmo di lenti. » Zenone, il fondatore della setta stoica, dice, essere uno dei caratteri del saggio quello di saper condir bene le lenti. Ecco il suo dogma - Sapientem omnia recte agere et lentem diligenter condire. La famiglia dei Lentuli doveva il suo nome a degli antenati venditori di lenti. Marziale ne parla in Xeniis:
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più saporita. Si conservano per l'inverno in luogo asciutto e prima di usarne, si lasciano macerare in acqua onde si gonfino e diventino tenere. Se ne
Il lino è una pianticella annua indigena venuta a noi dall'Egitto. Ve ne sono 19 varietà. Un etimologo tedesco vuole che il suo nome venga dal Celtico lein, un uccello che si pasce dei semi del lino, che dev'essere il passero. Col quale sistema di etimologia si può spiegare benissimo anche che la parola osso viene da cane, essendo i cani che mangiano le ossa. Pare invece che venga da lis linon e linteum, dall'uso più comune che si fà della pianta, o dal latino linire, ungere fregare, il che indurrebbe a credere l'uso antichissimo dell'olio di lino. Il seme del lino dà un olio, da noi chiamato di linosa, che non piace a tutti, che non à i pregi di quello di oliva (che à dato il nome all'olio, perchè olio viene da oliva, olea), ma che però, quando è fresco, e molto fresco, e fatto a freddo, è saporito e assai gustoso nella maggior parte delle insalate. Specialmente nell'alta Lombardia è molto usato ed è assai sano. Dal seme del lino se ne cava farina, ma per quanto si sia tentato anche dagli antichi di farne pane o di servirsene per nutrimento, fu sempre rifiutata, ingenerandone l'uso malattie ed anche la morte. Di essa se ne serve felicemente la medicina per cataplasmi, emollienti, ecc. Il lino si coltiva in grande nel Belgio, nell'Olanda, nella Germania, in Irlanda sulle rive del Baltico e nei dipartimenti francesi del Nord. Celebre quello di Riga in Russia, pregiato quello dell'Egitto e del Canadà. Da noi si coltiva nelle provincie di Pavia, Lodi, Crema, Piacenza e nella Lomellina. Il lino ci accarezza il corpo di giorno e di notte, ci serve democraticamente in cucina e fa brillare nella sua candidezza i calici aristocratici dello Champagne e del Johannisberg.
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molto usato ed è assai sano. Dal seme del lino se ne cava farina, ma per quanto si sia tentato anche dagli antichi di farne pane o di servirsene per
Il luppolo è una pianticella indigena arrampicante, le cui radici sono perenni, ma gli steli annuali, nel linguaggio dei fiori – Ingiustizia. - Fiorisce in Giugno e Luglio, trovasi nei luoghi umidi e boschivi. Il suo nome dal latino humus terra umidiccia. Coltivata, dura dai 20 ai 40 anni e più. I giovani getti si mangiano precisamente come gli asparagi tanto conditi, che in minestra, sono tenerissimi e di gradevole gusto. È verdura che si trova in Maggio presso le ortolane e che in Lombardia chiamasi Lovertìs. Questa pianta è molto coltivata in Germania, il cui fiore o cono serve quale principale ingrediente della birra, uso conosciuto fino dagli antichi Egizj. Il luppolo è anche pianta eminentemente medicinale, se ne fanno decotti, infusi, ecc. Da esso abbiamo il lupolino. Nella Svezia si usano i suoi rami lunghi e flessibili quale materia tessile per grossi cordami.
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principale ingrediente della birra, uso conosciuto fino dagli antichi Egizj. Il luppolo è anche pianta eminentemente medicinale, se ne fanno decotti
Per analogia di nome ne viene alla penna il Lupino, il quale è uno dei più scadenti legumi che si abbiano. (Lupinus albus, Lupinas vulgaris). Fr. Lupin. - Ted. Wolsbohe, - Ingl. Lupine. Se ne contano 63 varietà. Serve meglio a concimare il terreno e ciò si usava fino ai tempi di Catone. I semi sono amari, ma lungamente macerati lasciano l'amarezza, sono farinosi ed insipidi. Nella Roma antica si vendeva sulle piazze, come da noi i fagioli e serviva di cibo agli schiavi ed ai poveri. Il Sangiorgio attesta che fino alla metà del secolo scorso si vendeva anche in Milano. Il lupino come sostanza alimentare è oramai quasi dimenticato. Le pie cronache narrano che il lupino era l'esclusivo cibo penitenziale di quaresima di S. Carlo Borromeo. Dà farina per toilette. Tanto il luppolo come il lupino possono somministrare materia alla fabbricazione della carta.
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. Lupin. - Ted. Wolsbohe, - Ingl. Lupine. Se ne contano 63 varietà. Serve meglio a concimare il terreno e ciò si usava fino ai tempi di Catone. I semi sono
Dal greco oros, monte e da ganos, piacere, che suonerebbe Gioja del monte. Nel linguaggio dei fiori: - Conforto, piaceri campestri. – È pianticella perenne, erbacea, tutta aromatica, indigena dell'Europa e dell'Asia la campestre, ma quella dei giardini ci è venuta dall'Africa ed è più forte dell'altra. Del resto i botanici ne conoscono 12 varietà. Si semina e si propaga per radici, ama il sole, invecchia presto. Porta fiori bianchi o rossicci. Serve in cucina a dar sapore e condimenti alle lepri, allo stufato, all'oca arrostita. Mettetela coi fagioli, coi ceci e cogli altri legumi farinosi. Della maggiorana selvatica, (vulgare) e precisamente delle sue foglie e dei fiori essicati se ne servono i Toscani per aspergere le acciughe inoliate ed impepate e forse perciò da loro si chiama anche erba acciuga. Si vuole che l'odore aromatico della maggiorana allontani le serpi.
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. Della maggiorana selvatica, (vulgare) e precisamente delle sue foglie e dei fiori essicati se ne servono i Toscani per aspergere le acciughe inoliate
Pianta erbacea perenne, originaria dall'Inghilterra, coltivata in tutta Europa. Nel linguaggio dei fiori: Calore, forza di sentimento. Se ne conoscono 15 varietà, e tra queste la crespa, la romana e la peperita, la quale è la migliore e la più usitata — nel linguaggio dei fiori: Virtù. À odore piacevole, piccante, sapore amarognolo alquanto di canfora, della quale è ricca, eccita dapprima un calore alla bocca, su di che segue un grato fresco. Si coltiva negli orti e nei giardini. Vuole terreno sostanzioso ed umido. Si moltiplica per semi e meglio per radici in primavera ed autunno. Fiorisce in estate. È coltivata in grande nella China, nell'Inghilterra e nell'America del Nord per farne essenza. Quella in- glese è la più pregiata, il suo clima umido e freddo le è più propizio. La menta è ricordata dalla Bibbia. Ippocrate sentenziava che la mentha calefacit, urinam sciet. Marziale la diceva Mentham ructatricem. Aristotele riferisce che gli antichi capitani proibivano nei loro orti e palazzi la menta e scrive: mentham ne commedes, net plantes tempore belli. La menta è stimolante anti convulsiva, anti spasmodica. Fu adoperata contro i reumi, la gotta, la scabbia ed il colera. Ecco il precetto della scuola di Salerno:
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Pianta erbacea perenne, originaria dall'Inghilterra, coltivata in tutta Europa. Nel linguaggio dei fiori: Calore, forza di sentimento. Se ne
Pianticella gramignacea annuale, originaria delle Indie. Se ne contano 3 varietà, secondo il colore del seme, bianco gialliccio e nero. Da noi si coltiva solamente il gialliccio e vuol terreno sciolto, pingue, solatio. Si semina raro in Giugno e Luglio, dopo la messe. Si chiama miglio dai mille semi che produce. Anche il miglio dà farina per alimento. Lo stesso nome antico di panicum indica che serviva a far pane. Da noi si dice ancora pan de mej perchè una volta anche da noi se ne usava, onde il sonetto del Burchiello: Perchè a Milan si mangia pan di miglio? Plinio al lib. 28 cap. 10 dice: Milio campania gaudet præcipuo, pultemque candidam ex eo facit: fit et panis prœdulcis. Appare da qui che ai tempi di Plinio si coltivava la varietà bianca, e che fino d' allora il miglio serviva per chicche da offelleria. In Asia se ne fà una certa polenta che si mangia con olio e grasso di porco. Del resto era usato come farina da pane nell'Etiopia, nell'Egitto, Persia, Siria e nell'Arabia. I semi del miglio si possono cocere in minestra col brodo e massime col latte, se ne fà torte. Ridotto in farina è buono a far polenta e pane che appena uscito dal forno è saporitissimo e non isdegnato dai gusti più delicati. La farina serve pure in pasticceria. Col miglio si alimentano i pulcini, le galline, il pollame e molti uccelli. I selvaggi lo arrostiscono. In Tartaria se ne compone una specie di birra e una certa aquavite che chiamano Bysa. Il miglio dev'essere conservato in luogo assai asciutto e dura così più d'ogni altro grano.
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Pianticella gramignacea annuale, originaria delle Indie. Se ne contano 3 varietà, secondo il colore del seme, bianco gialliccio e nero. Da noi si
L'Orzo dopo il frumento ed il riso è il cereale che serve più d'ogni altro all'alimentazione dell'uomo. Si crede originario della Palestina e della Siria - si afferma però che fu trovato indigeno in Sicilia. Il suo nome da horreo, per le reste ruvide al tatto. Viene in quasi tutti i terreni, ama però meglio quello sciolto. Sopporta il freddo più della segale, nella Svizzera si coltiva a m. 1900 sul livello del mare. Seminasi in primavera ed autunno. Ve ne sono diverse varietà; se ne coltivano due specie: il volgare e lo scandella, questo per pascolo al bestiame. Del volgare migliore quello di Germania e della Siberia. Colla farina del grano d'orzo se ne fà pane, la si mescola con quella del frumento. Coll'orzo se ne fanno eccellenti, saporite e sanissime minestre. L'orzo mondo, di scelta qualità, precedentemente con meccanico sfregamento arrotondato, chiamasi perlato, e viene preferito a farne pappine alimentari e cataplasmi. Un principio di germinazione altera i principi costitutivi dell'orzo, sì che, mentre aumenta la proporzione dell'amido e zuccaro, diminuisce quello del glutine e dell'ordeina. In questo stato chiamasi orzo tallito, o germinato, che è preferito negli ospedali come base al decotto pettorale. L'orzo è il principale ingrediente e la base della birra. Gli antichi lo chiamano frumento nobilissimo. Gli Etiopi e gli Indi non conobbero altro pane che quello di miglio e di orzo. Nella Grecia era celebre l'orzo di Atene dove era in antichissimo uso di cibo, al dire di Meandro e pare che fosse pure l'alimento più omogeneo dei gladiatori, i quali forse per ciò venivano chiamati Hordearii. Presso i Romani non godette molta fama. Es hordearium, veniva chiamato il foraggio dei cavalli, lo si dava al bestiame e ai soldati vigliacchi, ignominiæ causa. Marcello diede alle sue legioni dell'orzo invece del frumento, perchè si erano lasciate battere da Annibale. Aristotele scrive che i fornai e coloro che facevano il pane d'orzo diventavano imbecilli. Nella Sacra Scrittura l'orzo è pure ritenuto come cibo ignominioso e da poco. L'orzo, il miglio e la veccia sono pressochè sempre messi insieme (Isaia). Ezechiele parlando dei falsi profeti dice: Et violabant me (cioè Iddio) ad populum meum propter pugillum hordei etfragmen panis. (Ezech.). Di tale opinione è pure S. Gerolamo, vedi In Isaiam. Lo stesso S. Gerolamo asserisce aver visto in Siria un'eremita che visse trent'anni con orzo ed acqua sporca. Galeno ne scrisse lungamente in un libro tutto dedicato al decotto: De Phtisana hordacea.
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autunno. Ve ne sono diverse varietà; se ne coltivano due specie: il volgare e lo scandella, questo per pascolo al bestiame. Del volgare migliore quello di
Il Nasturzio, o Lepidio, è pianticella annuale indigena, conosciuta e coltivata nei giardini e negli orti pei suoi fiori giallo-scuri e rossi. Nel linguaggio dei fiori: Mi importuni. Si moltiplica seminando i suoi frutti a primavera, fiorisce fino all'Ottobre, ama terreno grasso e inaffiamenti. Avvi una varietà a larghe foglie (lepidium latifolium) che si coltiva come la precedente. Il nome di lepidio da lepis squama, perchè si usava a rimedio delle impettigini squamose. Anche presso di noi il volgo lo usò molto tempo per distruggere i vermi ai ragazzi. La pianta è diuretica, i fiori si mangiano colla insalata, che rendono più allegra e saporita per un certo acre tra il rafano e la senape che gli comunica. I semi possono supplire ai capperi, conservansi verdi nell'aceto e se ne fa salse. I Greci la chiamavano Cardamon, lo mangiavano principalmente colla lattuga. Egineta e Zenofonte asseriscono che serviva di companatico ai Persiani. I latini lo chiamarono Nasturtium, a nasi tormento, oppure da nasus tortus, dice Plinio, perchè fa arricciare il naso ed eccita le papille nasali come la senape. Ne dissero mirabilia Dioscoride, Galeno, Avicenna. Gli antichi gli assegnarono la virtù di infondere coraggio, e di chiarificare le idee, onde il precetto: homines secordes et somnolentes nasturtium edere jubeamus. l milanesi ad indicare piedi lunghi e larghi alla moda inglese chiamano le scarpe dei loro fortunati possessori: cassett de Nasturzi.
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capperi, conservansi verdi nell'aceto e se ne fa salse. I Greci la chiamavano Cardamon, lo mangiavano principalmente colla lattuga. Egineta e Zenofonte
Ed ora la patata è l'amica del povero e del ricco, del medico e del prete. Certamente la patata non è squisita come la pesca, nè nutriente come un beeftek ma è sana e saporita anch'essa, e anch'essa sazia la fame del povero. Se ne fà farina e pane mista a frumento. La si mangia sola, lessata, cotta sotto la cenere. In cucina serve in mille modi, a tavola fà capolino in tutte le vivande, in tutti i piatti; caccia il naso perfino nella pasticceria. La patata è il pane degli Inglesi. Non si può immaginare Svizzera senza kartoffeln. La cucina tedesca è basata sulla patata. Non c'è brodo, minestra, intingolo o vivanda ove la patata non ne sia il principale costituente. Ogni città, ogni borgata le dà nomignoli particolari di tenerezza: Tüfken, Töffelken, Toffeln, Tartuffeln, Tartoffeln, Erdtuffeln, Erdäppel, Erdbirnen, Grundbirnen, Erdbohnen, Bataten, Patatos, Potatos, Kartoffeln, ecc. Se non ci fosse la patata bisognerebbe inventarla per loro. Dalla sua fermentazione se ne cava un' acquavite nociva che ubbriaca ed abbrutisce i poveri Irlandesi e gli schiavi dell'America. Colla patata si fà birra e carta. Raschiata e scaldata lentamente nell'acqua forma una specie di saponata che dà lucentezza e bianchezza alle lingerie. Serve di foraggio ai quadrupedi, di cibo ingrassante al pollajo. Sotto l'aspetto medico; Redi scriveva: « Hanno le patate nome d'essere un po' ventose, a me però non è paruto, ch'abbiano questo difetto, ma può essere che lo abbiano se sieno mangiate soverchiamente. » Sono un antiscorbutico, servono crude raschiate come cataplasma nelle piaghe cancrenose, sono rimedio volgare nelle scottature. Gordon in China viveva giorni e giorni di sole patate. Ma se la patata è sanissima quando è sana, quando incomincia a germogliare, si spoglia della fecola e allora è nociva, sviluppandosi pure la solanina che è veleno. Vi sono stati casi di avvelenamento di patata che si manifesta coll'idrope e piaghe cancrenose all'estremità.
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beeftek ma è sana e saporita anch'essa, e anch'essa sazia la fame del povero. Se ne fà farina e pane mista a frumento. La si mangia sola, lessata, cotta
Pianticella annua conosciutissima, originaria dall'America Meridionale e venuta tardi in Italia. La sua propagazione in Europa non conta più di due secoli. Cento anni fa era appena conosciuta da noi. Vuol terreno lavorato, piuttosto asciutto, non tanto pingue e molto soleggiato. Si semina in Febbraio su letto caldo e si trapiantano le pianticelle sviluppate quando non s' abbia più a temere il freddo e la brina. La troppa vegetazione è a scapito del frutto. Avvene molte varietà. Il rosso nano precoce, abbondantissimo di frutti grossi, succosi, saporiti, di lunga conservazione dopo colti. Il mostruoso conqueror, dà frutti enormi da un chilogrammo. À fusto arboreo, così detto perchè si mantiene dritto e robusto a mo' di un alberetto senza sostegno e produce frutti grossi di un rosso assai intenso e si possono conservare più di qualunque altra varietà a frutti grossi. Il piccolo, a forma di pera, che à frutti a grappoli, sono i migliori per mettere in aceto e si conservano sospesi all'asciutto anche nel verno. Il rosso liscio, o senza coste, rimarchevole per la sua bellezza e grossezza. Il pomodoro è un frutto bello ed allegro. Ànno ragione i francesi di chiamarlo Pomme d'amour. Ancor verde, a metà maturanza , se ne fa frittura aciduletta, si mangia in insalata, si mette nell'aceto per l'inverno. Maturo, rosso, se ne fa salsa gustosissima che oramai serve in cucina per pressochè tutti gli intingoli ed anche per confettura. Il pomodoro è meglio condimento che cibo, non dà alcun nutrimento. È salubre, benchè contenendo molto acido ossalico, il suo uso troppo generoso e smodato può disporre all'ossularia, produce vertigini, ronzío, gastralgie ed altri disturbi nervosi. Dalle foglie del pomodoro se ne cava una tintura ocracea.
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verde, a metà maturanza , se ne fa frittura aciduletta, si mangia in insalata, si mette nell'aceto per l'inverno. Maturo, rosso, se ne fa salsa
Il suo nome dal greco Selidon, o, secondo altri, da Petrosselene, pietra di luna, avendo i semi la forma d'una luna nascente. Vuolsi originario della Sardegna, dove cresce naturalmente, ma oggi è comune a tutti i paesi. Il prezzemolo non teme nè il caldo nè il freddo, non è niente delicato riguardo al terreno, amando però meglio quello leggero, ricco ed umido. Si semina a primavera e se ne à tutto l'anno. Avvi la varietà riccia, o prezzemolo crespo, le cui foglie sono frastagliate; la varietà grossa, o prezzemolo sedanino di Napoli, le cui radici voluminose sono buone a mangiarsi fritte ed accomodate. L'antico petroselinon è quello detto di Macedonia che alligna fra le pietre e fra le roccie (da cui il nome, quasi apium petrinum), à foglie più ampie ed è più dolce. La semente invece è più aromatica e d'un sapore che si avvicina a quello del cumino. Questo ama i terreni sabbiosi e teme il freddo. Avvi quello di palude e quello di montagna selvatico. Il prezzemolo comune somiglia molto alla cicuta che nasce spontanea negli orti, si riconosce però all'odore, perchè quest'ultima puzza tagliandola, e tramanda un odore disgustoso di sorcio. Tutta la pianta del prezzemolo à odore e sapore aromatico, rende i cibi più sani e più aggradevoli, eccita l'appetito e favorisce la digestione. Entra gradito ospite nelle minestre, nelle zuppe, pietanze, guazzetti e salse. Ercole, dopo aver ucciso il Leone Nemeo, si cinse la tempia con una corona di prezzemolo, da qui la consuetudine d'incoronare i vincitori nei giuochi nemei. I poeti pure s'incoronarono di prezzemolo, onde Virgilio: « Floribus atque apio crine ornatus amaro. » Plinio dice che non solo il prezzemolo è un cordiale per gli uomini, ma lo è anche per i pesci: « Pisces quoque, si ægrotant in piscinis, apio viridi recreantur » il che vuol dire: se ti si ammalassero i pesci nella piscina, mettivi delle erborine verdi che guariranno. Le lepri ed i conigli ne sono avidissimi, anzi il darlo loro fa bene e li fa guarire. Le galline e i papagalli ne soffrono ed anche muoiono. Ma se il prezzemolo è un aroma sano, non se deve abusare, perchè è eccitante, la sua radice è più stimolante delle foglie. Del resto i medici gli assegnano virtù diuretica, dà rimedio nelle malattie d'occhi, è febbrifugo e risolvente, vulnerario e narcotico nelle contusioni, nelle echimosi, negli ingorghi lattei. Le famose pillole galattifughe arcana preparazione della farmacia di Brera, constano principalmente di estratto di prezzemolo. Il seme del prezzemolo triturato in polvere serve di cipria per distruggere i pidocchi. Se si prende una certa quantità di prezzemolo e lo si pone nell'aqua per 48 ore e poi se ne spruzzi il suolo e le lettiere si è certi di essere liberati dalle pulci. Impropriamente da noi si chiamano erborinn quelle piccole macchie che troviamo nello stracchino di Gorgonzola, le quali sono ne più nè meno che muffa. In un'antica Cronica milanese troviamo che « Menina Briancea fu l'inventrice della salsa verde che fassi ottima a Milano nel Monistero Maggiore da quelle sante mani di Donna Anastasia Cotta. »
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al terreno, amando però meglio quello leggero, ricco ed umido. Si semina a primavera e se ne à tutto l'anno. Avvi la varietà riccia, o prezzemolo
Rumex da rumo, io succhio, perchè i fanciulli ne succhiano le foglie e le punte addette - nel linguaggio dei fiori - Asinaggine - è perenne, dura fino a 12 anni - si semina da Marzo a tutto Settembre - preferisce terreno umido - si moltiplica per mezzo di radici. Se ne contano 21 specie. Cresce anche nelle campagne, ma è da preferirsi quella coltivata nell'orto. Si mangia quando è verde. Preparasi in varie maniere come cibo: col burro e panna, come gli spinaci, colle ova, nelle frittate, nelle salse verdi, colla carne, nelle zuppe, negli intingoli; si mescola coll'insalata, massime alla lattuga - serve a togliere il puzzore alle carni, principalmente di pecora e castrato. Varietà: - la patientia, detta anche acetosa spinacio - (nel linguaggio dei fiori Pazienza) è indigena, si semina in Marzo e Aprile, dà fiori verdicci. Le acetose servono ad uso medicinale, in decotto e sono antiscorbutiche e contengono molto acido ossalico che fra tutti gli acidi vegetabili, è il più ricco di ossigeno — convengono in tutte la malattie infiammatorie. Dall'acetosella si prepara il noto sale di tal nome. L'acetosa, a' tempi andati fù detta anche erba alleluja, perchè fiorisce verso le feste pasquali. Impastata coll'aceto e seccata serve all'occorrenza per cambiare in poco tempo il vino in aceto — masticata scioglie i denti intorpiditi per aver mangiato frutte acerbe. La sua radice seccata e bollita dà una tinta rossa. Da noi si chiama erba brusca, pan cucch, pan mojn, de la Madonna.
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fino a 12 anni - si semina da Marzo a tutto Settembre - preferisce terreno umido - si moltiplica per mezzo di radici. Se ne contano 21 specie. Cresce
Pianta erbacea, perenna, indigena, dà grandi foglie che servono d'ornamento ai giardini e fiori piccoli bianchi in primavera. Cresce naturalmente nei luoghi umidi, ma si coltiva negli orti. Vuol terra sostanziosa, compatta, fresca, ombrosa. Si propaga per le sue radici. È chiamato anche Barbaforte, dai Francesi Moutarde des capucins, senape dei Tedeschi e Rafano di Cavallo dagli Inglesi. La radice del cren è piccante assai ed acre, è gradevole ai sani. Gratucciata minutamente ed immersa nell'aceto è ottimo condimento per l'alesso, da sola può servire come la senape a condire certi manicaretti e a conciar l'insalata. I frati molto intelligenti di gastronomia e di salse, posero il cren sotto la protezione celeste e la chiamarono Salsa di S. Bernardo. In Francia se ne prepara vino, birra e una certa specie di sciroppo. I Romani lo chiamavano armoracea, nome che ancor conserva. Al dire di Plinio, i Greci lo chiamavano Pontici armon e gli Spartani Leucen. Era celebre il cren d'Arcadia. Il rafano selvatico è eminentemente anti scorbutico, diuretico, anti reumatico. Applicato esternameate è succedaneo ai viscicanti. Raschiato supplisce la senape nei pediluvi e nei senapismi. Dissecato non perde la sua virtù. Non ultima qualità del rafano è questa che raccomandasi specialmente alle signore e alle signorine: infusa la sua radice nel latte fa sparire le macchie dal volto.
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. Bernardo. In Francia se ne prepara vino, birra e una certa specie di sciroppo. I Romani lo chiamavano armoracea, nome che ancor conserva. Al dire di
Radice erbacea annuale, indigena, di patria ignota, che vuol terreno ricco, leggero, fresco. Si semina tutto l'anno, si raccoglie come la patata. Varietà: lunga dolce (hortensis) detta, quando è cotta da noi bojocch, la rotonda a radice compressa. La rapa è carnosa, dolce, di facile digestione, di sapore ignoto, e contiene il 92 % d'acqua. Si sfetta nelle zuppe, nelle minestre, si mangia condita col burro, formaggio e spezie, in salsa bianca, in insalata, si frigge. Si marita bene al montone e all'anitra. La sua semente dà olio da ardere. Dal sugo espresso e fermentato se ne può cavare spirito pure da ardere. In Francia, Belgio ed Inghilterra si coltiva la specie gialla, per foraggio e vi vengono grossissime. Il suo nome di rapa, viene da rapere, verbo latino che significa rubare, perchè le rape mangiandosi crude dai Romani, si rubavano volentieri dai passanti nei campi. Pare che presso gli antichi fosse un cibo ghiotto, perchè tutti ne parlano. Marziale ne vantava il sapore allorchè ànno sentito il freddo.
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insalata, si frigge. Si marita bene al montone e all'anitra. La sua semente dà olio da ardere. Dal sugo espresso e fermentato se ne può cavare
Pianticella annuale gramignacea, acquatica, originaria della China e delle Indie Orientali, che dà il grano da tutti conosciuto. Il suo nome, riso dal greco Oryza, derivato anch'esso dall'arabo Eruz. Dopo il frumento è l'alimento più sano e nutritivo. Il riso nasce, vegeta e matura nell'acqua, ed ama tutta la pompa del sole: non può vivere senz'acqua e senza sole. Nel linguaggio dei fiori: Ricchezza. Si coltiva dappertutto. Il riso per esser buono, dev' essere novo, ben mondato, ben netto, grosso, bianco, che non sappia di polvere nè d'altri odori. Il riso di più difficile cottura è il più saporito. Col riso si fà pane, il quale è assai bianco e di bon gusto, ma non s'inzuppa bagnandolo. Ma l'uso principale del riso è nella cucina. Nazioni intere se ne fanno il loro pascolo quotidiano. Il Pilao dei Cinesi non è che il riso. Si cuoce da noi ogni giorno in minestra, al grasso, al magro, col burro, col latte, coll'olio. Si mescola con ogni sorta di legumi, erbaggi e carnami se ne fanno torte, pasticci, frittelli, tortelli. Universalmente lo si fà cuocere sino all'intero disfacimento, solo dai noi si mangia, come si dice al dente. Sarà forse per effetto di assuefazione, ma da noi lo si trova più saporito così. La cucina Milanese à dato al mondo col riso quel capolavoro, che si chiama Risotto, il vero monopolio del quale, per quanto si sia fatto, non si è ancor tolto dalle mani dei veri Milanesi. Alcuni asseriscono che da noi il riso venne introdotto nel secolo XVI, ma è certo che in Italia, invece era anticamente conosciuto. Plinio scrive che in Italia, «maxima est copia, (oryza) ubi ex ea phtisana fiebat,quam reliqui mortales ex hordeo conficiebant». Teofrasto, che lo chiama pure oryzon, attesta che ai suoi tempi era seme peregrino. Il Bolognese Crescenzio nel 1301 parlando del riso lo chiama tesoro delle paludi. Nel IX secolo era già coltivato in Sicilia. Nel 1481 il riso è annoverato fra i prodotti del Mantovano. Nel 1521 fra quelli di Novara e Vercelli. Da noi il migliore è il Milanese, il Novarese e quello delle Puglie. I medici gli danno virtù calmanti, astringenti, anti etiche. Gli Indiani ne cavano un liquore spiritoso che chiamano Arak, liquore che si fa anche in America sotto il medesimo nome. La paglia del riso serve a molte ingegnose manifatture. Se ne fa carta leggerissima e finissima anche per sigarette. L'acqua di riso fa diventar bianca e morbida la pelle. I Milanesi dicono che il riso nasce nell'acqua e deve morire nel vino. Il riso è la ricchezza dei nostri fittajoli: Fittavol de ris, fittavol de paradis, dice un proverbio.
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intere se ne fanno il loro pascolo quotidiano. Il Pilao dei Cinesi non è che il riso. Si cuoce da noi ogni giorno in minestra, al grasso, al magro
Il suo nome da ros, rugiada e marinus marina, - rugiada di mare, - nascendo spontaneo sulle rive di questo in tutta l'Europa Meridionale. Nel linguaggio dei fiori : La tua presenza mi consola. Lo Rosmarino o Ramerino è un arboscello perenne, indigeno, originario dell'Oriente. Ama essere addossato ad un muro ad esposizione di meriggio e levante, terra leggera, piuttosto sabbiosa. Teme i venti e massime il freddo. Si moltiplica per divisioni di radici, per getti ed anche per via di margote. Varietà: l'augusti folius, l'argenteus, l'auratus e il latifolius. Tutta la pianta à odore forte aromatico e balsamico. Sapore acre, amaretto. Il rosmarino si adopera in cucina a dar sapore agli arrosti, e alle carni che si mettono in infusione. In medicina è stimato come stomachevole, stimolante, emmenagogo. Se ne cava un olio essenziale, che nelle spezierie chiamasi Oleum Anthos. Dai cauli fioriti si compone l'acqua così detta della Regina d'Ungheria contro l'isterismo, ecc. In profumeria entra quale componente di varie acque odorose tra le altre della famosa Acqua di Colonia. Dai Greci veniva chiamato Libantide Coronaria, perchè serviva ad intessere corone. Oltre i soliti scrittori di cose naturali ne fà cenno Virgilio:
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medicina è stimato come stomachevole, stimolante, emmenagogo. Se ne cava un olio essenziale, che nelle spezierie chiamasi Oleum Anthos. Dai cauli fioriti si
Salvia è dal latino salvare per le grandi virtù che possiede. È pianta erbacea perenne, originaria dell'Armenia, si moltiplica per getti, per divisione di radici ed anche per semi. Brama terra sostanziosa ma piuttosto leggera, vuol essere di preferenza addossata al muro, ama il sole, porta fiori dal Giugno al Luglio. Nel linguaggio dei fiori: Ambizione, stima. Ve ne sono più di 80 varietà, gran parte delle quali si distinguono, per loro grato odore e per l'eleganza. L'Officinalis che è quella comunemente conosciuta si coltiva negli orti per la cucina e la medicina. La parte usata sono le foglie e le cime fiorite, à forte odore aromatico, sapore caldo amaro piccante. La salvia cruda mescolata con cipolla in insalata eccita l'appetito, massime posta sopra le alici. Se ne veste ogni arrosto in special modo gli uccelletti e i pesci, ai quali dà bonissimo odore e sapore. Pesta e stemperata con aceto, mista con zucchero ed aglio fà una salsa non isgradevole. Le minestre di legumi (e più quella di ceci) prendono sapore dalla salvia. Involta nelle frittelle massime se di farina di castagne, dicono sia ghiotta. Cotta con aceto olio, zafferano e poco zuccaro fà un'ottimo marinato per il pesce. Friggcsi la salvia con olio, burro, strutto, se ne regalano tutti i fritti. La salvia sta bene per tutto, fuori che nei lessi a' quali non s'addice per la sua amarezza. Attiva le funzioni digerenti e circolatorie, aumenta il calore animale, modifica l'influenza nervosa. La farmacia ne estrae un'olio essenziale, e ne fa un'infusione della quale la medicina si serve ad eccitare i sudori e a rianimare le forze vitali, perchè la salvia è tenuta come un buon stimolante. Il decotto di salvia è giudicato volgarmente come un febbrifugo e in primavera come un depurativo del sangue. Gli antichi ne facevano molto caso. Tutti l'ànno lodata. Da Agrippa veniva chiamata herba nobilis, herba sacra. Era tanto comune il suo uso presso i latini che inventarono perfino il verbo salviare, dare una porzione di salvia, condire colla salvia. E la Salernitana si meraviglia come possa morire un'uomo che abbia nel suo orto la salvia: - Cur moriatur homo cui salvia crescit in horto? - I medici francesi la battezzarono Teriaca naturale. La salvia veniva creduta donare l'immortalità e serviva per imbalsamare i corpi e si portava addosso e si mangiava nelle battaglie. Servio ci tramanda che il cuoco di Mecenate, faceva arrostire gli uccelletti colla salvia. La salvia è un cibo graditissimo alle api che dai di lei fiori cavano un miele saporito. Le sue foglie servono a pulire i denti. Frate Anselmo da Busto suggeriva ai predicatori e agli avvocati, di tenere una foglia verde di salvia sotto la lingua, che la rende più agile e sciolta. Guardatevi dal suggerire tale segreto alla vostra domestica. Coi fiori della salvia si prepara una conserva deliziosa. Le foglie secche si fumano come tabacco, quale rimedio antispasmodico contro la cefalalgia nervosa e l'asma. I Chinesi ne sono ghiottissimi e si stupiscono come gli Europei vadino a cercare il the nei loro paesi, mentre possedono una pianta così eccellente e che trovano preferibile al medesimo. E gli Olandesi facevano incetta in Europa della salvia per venderla carissima ai Chinesi e Giapponesi. La specie sclarea si adopera per dare il sapore moscato agresto ai gelati e ad alcuni vini.
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, massime posta sopra le alici. Se ne veste ogni arrosto in special modo gli uccelletti e i pesci, ai quali dà bonissimo odore e sapore. Pesta e stemperata
Allium, dal celtico all, caldo, bruciante. Bulbo conosciuto di odore e sapore acutissimo, vuoisi originario dall'Egitto e dalla Persia. Se ne contano 96 specie. Si piantano gli spicchi dell'aglio in Febbrajo e Marzo in luna piena e si raccoglie in Settembre e si conserva in luogo asciutto per l'inverno. Nel linguaggio dei fiori: Sta lontano. L'aglio è l'acciuga del povero, Galeno lo chiamava la triaca dei contadini. L'uso culinario dell'aglio è antichissimo. Gli Egizi l'avevano divinizzato colle cipolle, gli Ateniesi ne erano grandi consumatori, Anaxilao filosofo lo mangiava crudo, i Celti ne usavano come preservativo nei malefizi. Era cibo usitato presso i Romani tutti, ma i ricchi sotto l'impero, cominciavano a sdegnarlo, ed Orazio, lo abborriva come il veleno.
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Allium, dal celtico all, caldo, bruciante. Bulbo conosciuto di odore e sapore acutissimo, vuoisi originario dall'Egitto e dalla Persia. Se ne contano
L'etimologia del sambuco è a desumersi dal nome dell'istrumento a cui servì primamente. Il greco sambuke ed il latino sambuca era istrumento musicale fatto a triangolo, forse la synphonia biblica, citata dal Calmet; in sostanza, la cornamusa, la nostra tiorba fatta di cannuccie di sambuco, quella stessa che adoperava Orfeo, uno dei primi Sambuciarii, per far ballare i sassi. Onde Sambucistria la ballerina, e sambucam cothurno aptare, che era l'operetta d'allora. Anche oggi i ragazzi ciuffolano come Orfeo entro la canna del sambuco. Il sambuco è un arboscello perenne delle nostre siepi, che cresce in ogni terreno. Nel linguaggio dei fiori: Umiltà, riconoscenza. Dà fiori piccoli, bianchi, ad ombrella di odore delizioso, da noi chiamati panigada. La parola panigada alcuni vogliono venga dal greco pana gatos che vuol dire ottimo - altri da panis gaudium, per il gratissimo sapore che dona al pane. I fiori cedono il posto ai frutti a forma di bache verdi in principio, nere quando sono mature, grosse quanto i frutti del ginepro ed in gran numero. I suoi fiori servono al cuoco che li frigge, al fornajo che li mescola col pane, al pasticciere che ne aromatizza le leccornie, al cantiniere che con quelli dà un sapore di moscatello al vino, principalmente il bianco, e all'aceto. Con essi si aromatizzano altresì le acque. I frutti quando sono maturi e neri servono a tingere le acque e vini senza pericolo alcuno. La polvere stessa di essi frutti disseccati, comunica ai liquidi grato sapore. Le bacche nere si mangiano talora preparate con zuccaro e droghe. Il sambuco è adoperato in medicina in molti modi. Se ne prepara un roob diaforetico, un infuso teiforme. L'odore aromatico dei fiori finisce col diventare nauseoso e nocevole aspirandolo lungamente. Plinio dice: E Sambuco vertigines sonnusque profundus. - Dal Sambuco vertigini e sonno profondo. Colle bache nere fino da' suoi tempi, le donne usavano tingersi i capelli, forse con minore risultato, ma certo con minori pericoli che oggi. In Norvegia si mangiano infuse su aceto come i citrioli. In Inghilterra se ne fa una specie di vino. I frutti sono alquanto purgativi e gradito pascolo dei merli. I rami del sambuco, scrive il cardinal Simonetta, sono preziosissimi, per fare orinare i cavalli battendo loro coi rami sotto la pancia. L'odore graveolente del sambuco, scaccia le mosche, le farfalle e gli scarafaggi. Il sugo delle cime del sambuco unito a grasso di maiale, ungendone i cavalli e gli asini allontana da loro le zanzare. Mettendone dei rami fra i cavoli si liberano dalle gatte, al qual uso servirebbe meglio l'altra specie puzzolente detta sambucus ebulus o sambuco nano, da noi conosciuto sotto il nome di ughetta, la quale scaccia pure i topi.
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sapore. Le bacche nere si mangiano talora preparate con zuccaro e droghe. Il sambuco è adoperato in medicina in molti modi. Se ne prepara un roob
La scorzonera è una pianticella erbacea, della famiglia delle cicorie, della quale si mangiano le radici. Se ne conoscono 8 varietà. Da noi due se ne coltivano. La bianca (tropogon porrifolium), che è annuale, e si semina in primavera, per raccoglierne le radici in Ottobre ed in seguito, e vuole terreno profondo e grasso. È dolce e si fa friggere e conciare con burro come i legumi ed in insalata. L'altra la nera, o salsifino (scorzonera hispanica) è meno coltivata delle precedenti, perchè meno preferibile. È bisannuale, e produce una lunga e carnosa radice a pelle nera e carne bianca, di gusto amaro, che mangiasi pure a mo' dell'altra. Si semina egualmente, à fiori violacei in Luglio. Nel linguaggio dei fiori: rozzezza. Benchè perdurino due anni nel secondo perdono di bontà. Gli uccelli sono assai ghiotti del suo seme. La specie humilis dà fiori dei quali si cava una tintura color nero. Alla prima specie (tropogon) appartiene quella così detta barba di becco o barba di prete (tropogon pratense) in milanese barbabicch o erbabicch od anche bassabicch. Alcuni la vogliono originaria dalla Siberia, ma pare invece che sia della Spagna, come lo indica anche il suo cognome hispanica, la quale si ritiene pure la sola vera scorzonera. Il suo nome viene dal colore della sua scorza. Il medico portoghese Nicolò Monardes scrive che la scorzonera fu scoperta solo verso la metà del secolo XVI ad Urgel in Catalogna in una località detta il Monte Bianco. E racconta che quel paese era molestato ed invaso da serpi velenose, dette scorzoni, e che un moro d'Africa curava i morsicati colla sua radice. Da qui il medico portoghese inferisce che venne il suo nome di scorzonera, cioè erba atta a guarire dagli scorzoni che, a sua detta, muoiono subito se si riesce a metterla loro in bocca. Ve la dò come l'ò trovata su un libro stampato a Venezia appresso Francesco Zilletti nell'anno 1582.
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La scorzonera è una pianticella erbacea, della famiglia delle cicorie, della quale si mangiano le radici. Se ne conoscono 8 varietà. Da noi due se ne
Satureja, santoreggia, savoreggia, caniella, peverella, erba acciuga è la medesima pianticella annuale, originaria della Spagna, vaga per la sua fioritura bianco porporina. Si risemina da sè abbondantemente, e nasce facilmente dovunque. Nel linguaggio dei fiori: ingenuità. Ve ne sono 8 varietà , tutta la pianta è aromatica. I cuochi la ricercano per rendere più grato il sapore delle fave, delle lenti, dei piselli secchi, e degli altri legumi, ai quali si unisce assai bene, come in tutte le salse I Tedeschi la mettono nel loro Sauer-Kraut. Fu chiamata la salsa dei poveri. È utile in medicina, come stomachica, la sua decozione è buona per gargarismi e spruzzata nelle orecchie per le otiti, da qui forse il suo nome popolare di santoreggia, giova nelle affezioni vaporose. Colla satureja se ne profumano le abitazioni in tempo di epidemia e le stalle quando regnano le epizoozie. Il suo nome satureja dall'antico satyreja perchè di questa erba se ne cibavano volentieri i satiri, certi uomini, che c'erano una volta e che avevano le corna e i piedi di capra. Era detta dai Romani cunila e conyza, (da qui l'altro nome popolare di coniella) che il volgo chiamava anche pulicaria perchè serviva a scacciare le pulci, virtù che conserva anche oggidì, emula della maggiorana. I fiori della satureja, sono cibo graditissimo delle api.
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, giova nelle affezioni vaporose. Colla satureja se ne profumano le abitazioni in tempo di epidemia e le stalle quando regnano le epizoozie. Il suo nome
Il sedano o selino è pianticella erbacea, biennale, indigena à radice tuberosa, di sapor forte, piccante, odore aromatico, nasce naturalmente nelle paludi torbose del Po, si semina in primavera, si trapianta. Ama bona esposizione, terra grassa, copiosi inaffìamcnti. S'imbianchisce rivestendolo e rincalzandolo di terra, si difende dal freddo coprendolo collo strame. Diverse varietà, le migliori il bianco e violetto a costa ripiena, il sedano rapa (apium radice rapacea) à la radice che si gonfia e raggiunge ragguardevoli proporzioni. Il sedano è della famiglia del prezzemolo e serve tanto la foglia che la radice, a condire convesso e a dar sapore a legumi, verdure, carni, ecc. entra in molte salse. Lo si mangia crudo con pepe sale ed olio ed in insalata. Lo si frigge, massime il sedano rapa, (del quale si mangia solo la radice), lo si cuoce in stufato, se ne fà un delicatissimo purè. A Napoli lo si chiama accio (da Appio). Il sedano e massime il seme è eccitante e per alcuni indigesto. In Oriente è usato il seme contro il mal di mare. Fino dal tempo di Ippocrate, veniva usato per soffumigi contro l'emicrania: in nares cerebro bile infestato. In Grecia, teste Galeno, lo si mangiava in insalata: oleo et aceto confecto: ma da molti veniva creduto produrre epilessia e cecità. Plutarco ci ricorda era proverbio, — abbisognare di sedano quelli che sono male in gamba: qui deplorata sunt valetudine. I Romani s'incoronavano di sedano nei conviti onde preservarsi dall'ebbrezza. Oggi il sedano nei conviti si mangia per antipasto. Colla polvere del seme di sedano, meglio del selvatico, se ne fà un unguento contro i pidocchi.
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in insalata. Lo si frigge, massime il sedano rapa, (del quale si mangia solo la radice), lo si cuoce in stufato, se ne fà un delicatissimo purè. A
Il sesamo detto anche giuggiolena è pianticella annuale. Si propaga per semi, vuol terra sciolta e pingue e viene sotto l'azione del gran caldo e dell'umido. Ve ne sono 5 varietà. L'orientale, cresce spontaneamente nei terreni secchi ed aridi dell'India, del Ceylan, del Malabar, e s'accomoda facilmente nei suoli fertili. Fornisce un fusto alto un metro, diritto, erbaceo, quasi cilindrico, assai ramoso, foglie verdi, fiori bianchi o color rosa in Giugno. I semi di esso col calore e colla pressione forniscono il 48% di olio che è così limpido e gustoso da rivaleggiare colle migliori qualità dell'olivo, per le quali viene sovente venduto, essendo 1'olio di sesamo riconoscibile solo per contenere meno sostanza. Inoltre l'olio di sesamo à il merito di non mai irrancidire. Il vantaggio dell'olivo su questa pianta è quello di poter allignare anche in luoghi erti ed asciutti ed in terreni poco profondi. Il sesamo non reggerebbe nei paesi montuosi anche per i venti. Vuolsi originario dell'Asia Minore e precisamente dalla Paflagonia, dove esisteva pure la città di Sesamon chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte esperienze notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi in Egitto se ne fà una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e cotti come quelli del riso e dell'orzo, e macinati forniscono una farina grossolana, ma di cui i pasticcieri si servono assai. Era conosciuto il sesamo in Oriente sino dai tempi più remoti. Da Plinio fu messo il sesamo fra i cereali, da Columella fra i legumi, da Teofrasto fra i grani che non ànno nome. Ateneo nel libro XVI dice che i Greci lo mangiavano torrefatto col miele. Galeno che lo si metteva nel pane, ma che era di sua natura calido. In Egitto i semi del sesamo servono a preparare una pasta biancastra, che si usa per mantenere la freschezza e la bellezza della pelle.
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esisteva pure la città di Sesamon chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte esperienze notate nel Giornale d
I gladiatori per rinvigorirsi se ne ungevano le membra col sugo. Nel 1368 Alfonso di Castiglia aveva istituito un Ordine cavalleresco, i cui membri, si obbligavano a non mangiarne o a star lontani dalla Corte per un mese in caso di infrazione alla regola. Ora quell'Ordine non esiste più, ma è del bon ton il disprezzarlo, e a darsi poi per non intesi ogni volta che il cuoco lo adopera mascherato per regola d'etichetta. Checchè però se ne dica dagli schifiltosi, un po' d'aglio è necessario e dà sapore a molte salse e conce, ai brodi, alle carni, al salame, ecc., ed è sano. Esso aumenta l'appetito e facilita la digestione. Forse per le sue proprietà toniche ad alcuni serve come di febbrifugo. È anti epidemico. Il suo sugo, o il latte bollito col bulbo è vermifugo. Raspail lo suggerisce contro il colera. Entra nella composizione dell'aceto dei quattro ladri. A togliere all'alito il suo odore vuolsi che giovi il masticar prezzemolo, fave fresche, foglie di ruta similmente fresche e la bieta cotta sotto la cenere. Un bulbo d'aglio schiacciato applicato ai calli, dopo un pediluvio prolungato, li leva facilmente.
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I gladiatori per rinvigorirsi se ne ungevano le membra col sugo. Nel 1368 Alfonso di Castiglia aveva istituito un Ordine cavalleresco, i cui membri
A' tempi di Svetonio, il bulbo dello zafferano durava 8 anni. Nell'Avignonese oggi limitasi a due soli, nella Sicilia a tre, ad Aquila a quattro. Il bulbo è amato dai topi, gli steli dalle lepri. Quantunque originario dei paesi del mezzodì, è coltivato oramai in quasi tutta Europa, perfino in Inghilterra. In Italia tale cultura è antica specialmente in Sicilia e nel Napoletano, e propriamente nella provincia di Aquila, che per aroma e qualità tintoria dà lo zafferano migliore del mondo. Il suo prezzo medio è di L. 150 al chilogrammo. Lo zafferano si usa dai tintori, dai caffettieri, dai pasticcieri, dai profumieri, dai pittori, pizzicagnoli, maniscalchi e cuochi. Per la cucina si dovrebbe provvederlo in fili e non in polvere, onde evitarne la falsificazione. La frode più innocente è quella di esporlo per qualche tempo in luogo umido, affinchè cresca di peso. Lo si falsifica benissimo coi fiori dello Zaffranone, o falso zafferano (carthamus tintorius) che dà un colore scarlatto, con l'Oricella (rocella tinctoria) che dà pure un color porpora, col Sommaco (rhus coriaria) ecc. I vapori che sparge lo zafferano nei luoghi chiusi, ove non si possano con facilità dissipare; sono all'uomo malsani e talvolta micidiali, perchè à virtù eminentemente narcotica, ed in medicina passa come rimedio stimolante analogo all'oppio. La scoperta dello zafferano si perde nella nebbia dei tempi. La mitologia vuole che abbia avuto origine da un giovinetto chiamato Croco che innamoratosi perdutamente di una ninfa, chiamata Smilace, nè piacendo a Barba Giove tale matrimonio, fu da lui cambiato nella pianta dello zafferano, da qui il suo nome di Crocus. Et in parvos versum cum Smilace flores, et Crocon . (Ovidio, 4, Mctam.). Dioscoride lo raccomanda come apposto. Sappi che le zucche più vuote di questo mondo, possono elevarsi alla più alta aristocrazia culinaria. Tu potresti apprestare a'tuoi amici, un abbondante, gustoso e variato pranzo, quasi colla sola zucca, vale a dire che essa formi d'ogni piatto, se non l'unico, almeno il principale coefficiente. Sono note le minestre di zucca d'ogni specie e fresche e secche. La si fa cuocere nel brodo, nell'aqua e burro, ovvero nel latte. Se ne rileva il sapore con erbuccie, ova, spezie e collo zuccaro. La polpa delle zucche ed anche i fiori si mangiano fritte, ripiene, accomodate, triffolate, in fricassèe, in stufato, ed in polpette. Se ne fanno torte, pasticci, e perfino salami. Colle piccole zucchette lessate o cotte alla brage, o colle tenere cime delle piante bollite nell'aqua si fa dell' insalata che si condisce coll'olio degli stessi semi della zucca. Il sugo di essa fermentato può fornire l'aceto. Colla zucca confettata con miele ed aromi, si provvede il dessert di saporite mostarde e confetture, che si rende ancor più vago abbellendole con piccole zucchettine imitanti le pera, le poma, gli aranci. Il pane si forma colla zucca ben cotta, impastata colla terza parte di farina. Finalmente coi semi di zucca, puoi comporre orzate e simili gustose bevande. Che se questo simposio, vuoi prepararlo a'tuoi amici all'aria aperta, lo potrai gentilmente offrire sotto un pergolato coperto colle foglie di una pianta di zucca. Che ne dirò poi delle zucche vuote? Colla scorza di esse puoi farne bottiglie, bicchieri, piatti, cucchiaj, forcine, coltelli, mestole, saliere, lucerne ove arda l'olio del seme suo, recipienti d'aqua, di vino, di liquori, tabacchiere, pipe e quello che vuoi. Le zucche vuote poi servono mirabilmente a sorreggere i mal pratici o novizi nuotatori. A questo proposito, vo' narrarti un aneddoto di Bellavitis e faccio punto. Bellavitis, mio illustre e celebre collega dell'Università di Padova, ora defunto, veniva un giorno supplicato da uno studente, perchè gli fosse propizio nell'esame: « Veda, professore, insisteva lo studente, se io non passo questo benedetto esame, ò l'inferno in casa mia! Sarei costretto a buttarmi in Brenta. » — A l che Bellavitis: « Oh no xe pericolo per hi, perchè el sa che le zucche i galleggia! » Insomma, io non mi perito a chiamare la zucca la più utile delle verdure ed è ingiusto adoperare il suo nome per insultare alle teste umane. Rispelta dunque le zucche e cava loro tanto di cappello, come lo cavi a tante nullità coperte coi galloni di prefetto, di senatore, di generale! Un bacio e vale. »
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, quasi colla sola zucca, vale a dire che essa formi d'ogni piatto, se non l'unico, almeno il principale coefficiente. Sono note le minestre di zucca d